Tratto dal 1° Convegno Nazionale
CIVITELLA ALFEDENA – 16/17 Giugno 1990
Il Cane Corso
Caratteristiche e contributi per la definizione dello standard.
Paolo Paoletti
Allevatore Cani Còrso
Contemporaneamente alla ricerca di soggetti rustici di Cane Còrso che
da diversi anni conduco, ho sistematicamente fatto una indagine di opinione nelle zone dove questo molossoide era più utilizzato.
Partendo dal Salento, Le Murge, La Capitanata ed il basso Molise mi sono spinto all’interno verso Campobasso e Benevento.
Il metodo, volutamente semplice, è stato di mostrare agli intervistati 5 foto cartolina con soggetti notevolmente diferenziati nella loro morfologia, chiedendo di indicare il soggetto che a loro sembrava più tipico.
L’indagine è completata da domande riguardanti: taglia, mantello. dentatura, occhi ed utilizzazione.
Le risposte che indicavano il cane più tipico sono state in misura del
32% foto 2, 30% foto 4, foto 3, foto 5, foto 1.
Si può concludere che le preferenze sono per la foto n. 2 che rappresenta un soggetto marcatamente molossoide e per la foto n, 4 di un cane con una testa meno voluminosa ma più squadrata.
La foto n. 3 è stata indicata in numero maggiore da persone giovani, per cui è penalizzata dalla regola di mantenere valido per i risultati solo le testimonianze di persone oltre i sessanta anni di età.
Il soggetto della foto n. 5 è stato valutato come eccessivamente globoso.
Mentre la n. 1 non è mai stata presa in considerazione.
Per la serie di domande suddette, le risposte risultano:
la taglia: non ci sono risposte precise ma tutti lo indicano come cane di grossa mole ma non goffo nei movimenti e assai agile;
il colore del mantello: sulla fascia costiera prevaleva il tigrato sui colori nero, grigio e beige. All’interno sono ricordati come più tipici i mantelli uniti nero o grigio oppure marrone:
la dentatura: nessuno degli intervistati ricorda con precisione come fosse: parlano di denti forti da cane di presa. Solo un anziano veterinario di Castelluccio (Foggia) che ricorda di aver in gioventù esaminato la dentatura di questi cani, sostiene che era a tenaglia o leggermente prognata:
gli occhi: sono indicati di colore nocciola chiari, quasi giallo oppure scuri, comunque non era un particolare a cui si dava molta importanza;
l’utilizzazione: i più anziani ricordano che questo cane apparteneva a persone benestanti oppure ai loro amministratori facendo funzione di cane da difesa e da guardia. Lo usavano anche i carrettieri, caprai e cacciatori.
Vorrei ricordare che le interviste (circa 160), sono state suddivise e mantenute valide per le risultanze della relazione solo quelle di persone nate prima del 1930.
Fra questi ho scelto solo coloro che avevano posseduto Cani Corsi, oppure che nella loro famiglia usavano Cani Corsi o che avevano lavorato in masserie o altri luoghi dove c’erano Cani Corsi. Cosi sono rimaste valide per l’inchiesta solo 77 interviste effettuate in 32 Comuni.
Ci sono nella relazione testimonianze di anziani che al tempo svolgevano la professione di veterinario nelle zone di riferimento.
Ho promosso queste scelte per attingere da persone consapevoli delle caratteristiche del Cane Còrso prima che esso fosse declassato, quando averlo era un segno di prestigio ed era pienamente inserito nelle sue funzioni specifiche.
Questa gente, appena incrinata l’iniziale diffidenza, si apriva ai ricordi ancora sorprendentemente vivi amando parlare dei suoi cani, non solo di Corsi ma di cani da pecora, di pometti, di levrieri, tutti cani funzionali in un ambiente arcaico ed utilitaristico.
Esiste una diffusa opinione, quando si parla dell’immagine di questo cane, per cui non viene dato mai peso alla bellezza dei soggetti descritti ma con insistenza si riferisce di una espressione dura e ostile che la testa del cane riesce ad esternare.
Questo schema si è cercato di mantenerlo nel tempo quanto più consono al lavoro che il cane doveva svolgere.
Non aveva attrattive estetiche, non era un cane ornamentale, aveva piuttosto un aspetto sinistro ed inquietante.
Si preferivano ad esempio, soggetti con occhi di rapace non gazzuoli ma nocciola chiaro, quasi un lampo trasparente nella maschera scura. Anche la pratica della conchetomia più che per funzione pratica, si è perpetuata per evidenziare l’aspetto fiero e di permanente attenzione dell’animale.
Quando si parlava di Cani Corsi al mercato, in piazza fra compaesani
e amici, ognuno esaltava soprattutto le doti di aggressività del proprio cane
abbondando e ingigantendo i particolari. in modo che venissero creduti ancora più feroci.
Questa pratica non deve trarre in inganno perché non era semplice ostentazione ma piuttosto una strategia richiesta da esigenze ambientali.
Infatti si dovevano difendere i propri beni e anche la propria persona cosi era utile avere un cane con le caratteristiche descritte. Rassicurava averlo a fianco la sera ritornando dalla campagna e la notte era tenuto legato a una corta catena all’ingresso delle stalle o della casa. Per cui definirei le sue funzioni difensive e soprattutte dissuasive.
Mi sembra che le descrizioni annotate, collimano con numerose citazioni storiche fra cui:
ERASMO DA VALVASSONE (1591) «facile all’ira aspro et superbo»;
Il cardinale SCIPIONE BORGHESE (1628) «e Corsi can di ferocità rabbiosa armati.
In un passato più recente sul vocabolario Zingarelli, nelle edizioni prima del 1950 si legge: specie di cane grosso e feroce di pelo nero.
È mia convinzione che conservare questo singolare aspetto del Cane Còrso dovrebbe essere fondamentale non solo per conservare l’immagine storica ma perché alterarla sarebbe togliere strumento alla sua funzione, poiché questo cane svolge la maggior parte del suo lavoro senza dover intervenire fisicamente.
Questa relazione è uno stretto condensato di memorie della gente di Puglia e dintorni, a queste persone va il mio profondo ringraziamento per avermi schiuso il loro passato aprendomi al mito del Cane Còrso dandomi sempre gentilmente la loro ospitalità ed amicizia.
Paolo Paoletti
Copyright Editrice L’ Orsa S.R.L. 1990