Tratto dal 1° Convegno Nazionale
CIVITELLA ALFEDENA – 16/17 Giugno 1990
Difficoltà di definizione delle sue attuali attitudini
Mario Perricone
Presidente det Comitato Giudici dell’ENCI
La definizione del profilo caratteriale di una razza canina pura, la descrizione delle sue attitudini. il rilevamento del suo bagaglio culturale non è mai né semplice né agevole giacché l’analisi dei suoi comportamenti deve avere per base lo studio della sua evoluzione sia morfologica che caratteriale attraverso la valutazione della pressione selettiva, tanto ambientale quanto umana, alla quale è stata sottoposta.
Le difficoltà aumentano a dismisura se è oggetto dello studio, non una razza pura ben definita, ma un cane che, pur con alle spalle una storia secolare, non riesce a dirci oggi, né con il suo aspetto né con le sue attitudini quali sono state le linee evolutive attraverso le quali è giunto sino a noi.
Purtroppo la cinologia, citò lo studio del cane sul piano scientifico e culturale, non ha in Italia, a differenza, ad esempio, della Gran Bretagna e della Francia, antiche tradizioni, cui del Cane Còrso non abbiamo che testimonianze antiche, ma saltuarie. Sappiamo che è stato un mandriano, un cacciatore, un guardiano, talvolta un difensore; sappiamo ancora che ha avuto i caratteri del cane molossoide ma la sua iconografia è rarissima, con la conseguenza che ci riesce oltremodo difficoltoso determinare la trasformazione nel tempo di questi caratteri ed il loro adattamento ad impieghi a volta antitetici.
Quali sono i caratteri fondamentali di un cane molossoide? Secondo la felice ed ormai unanimamente accettata classificazione elaborata, alla fine del secolo scorso, dal francese Pierre Mégnin, il molossoide ha la testa massiccia, rotondeggiante o a cubo, muso piuttosto corto con facce laterali parallele, labbra spesse e con voluta abbondante, stop marcato, assi cranio facciali paralleli o convergenti, collo taurino o quasi, tronco massiccio con diametri trasversali importanti rispetto a quelli longitudinali, arti a volta con avambraccio corto in rapporto all’altezza al garrese, angolazioni moderate, tegumento spesso, ricco cioè di tessuto connettivo.
Hanno i caratteri del cane molossoide un gran numero di razze con sviluppo corporeo molto differenziato e con comportamenti tanto diversi che, in alcuni casi, appaiono, da una razza all’altra, assolutamente contrastanti fra di loro. Infatti la numerosa famiglia dei molossoidi annovera cani giganteschi come i cani da montagna dal ricco mantello, il Pirenëo, il Leonberger, il Pastore del Caucaso, il Tibetan mastiff, con attitudini alla guardia; il San Bernardo ed il Terranova, impiegati rispettivamente nel soccorso nelle valli alpine ed in mare. Altri, meno giganteschi ma pur grandi ed a pelo raso, come il Mastiff, il Bullmastiff, il Dogue di Bordeaux, il Mastino napoletano, sono anch’essi da guardia. Quelli di media taglia, sempre a pelo raso, il Boxer, il Rottweiler, sono invece da difesa. I terrier cosiddetti di tipo bull, quasi di media taglia, ad esempio gli Staffordshire sia inglese che americano, il Bullterrier, discendenti da antichi cani da combattimento, sono da considerare oggi esclusivamente da compagnia, come del resto lo sono i più minuti molossoidi, il Bulldog francese e l’inglese Carlino.
Due biologi americani, molto noti del resto in terra d’ Abruzzo per avere analizzato il pastore o mastino abruzzese, Raymond e Lorna Coppinger, hanno formulato una interessantissima teoria sulla evoluzione comportamentale del cane puro, che io mi sento di sottoscrivere in pieno giacché i loro studi hanno avvalorato i rilievi da me fatti nel corso dell’analisi caratteriale differenziata della varie razze canine. Nell’ambito di un progetto inteso a dotare le aziende di ovinicultura statunitensi di cani antagonisti dei predatori selvatici che ogni anno sono responsabili di un danno di cinquanta milioni di dollari ai greggi americani, i Coppinger sono giunti alla conclusione che il comportamento è determinato e condizionato dalla struttura fisica.
I geni, aggiungono, non controllano direttamente, ma indirettamente, il comportamento, del quale è invece responsabile la forma anatomica ereditata da una generazione all’altra e, quindi, sotto il controllo genetico. In sostanza, attraverso la conservazione di ben determinate forme anatomiche, si tutelano anche i comportamenti che, cosi, acquistano, anche loro, una base genetica. Questa base, (la storia delle varie razze nelle quali è suddivisa la specie canina lo conferma), questa base, dicevo, è oggetto di studio da parte dei biologi e di selezione, almeno sul piano intuitivo, da parte degli allevatori, da lunghissimo tempo ancor prima che nel secolo scorso si definissero le caratteristiche delle principali razze.
Se noi, oggi, guardando con occhio analitico un Cane Còrso, potessimo descrivere le sue caratteristiche morfologiche con l’assoluta certezza che queste erano quelle non soltanto dei suoi genitori ma anche degli altri suoi antenati, se fossimo anche certi che, attraverso il suo accoppiamento con un altro Cane Còrso a lui del tutto simile, questi caratteri fisici potessero trasmettersi ai figli ed alle generazioni future, saremmo in condizione di disegnare agevolmente la mappa comportamentale della razza, perché avremmo di fronte, senza alcun dubbio, un cane puro già ben fissato. Questa analisi, quindi unitamente ad idonei test caratteriali ci consentirebbe di stabilire quali comportamenti sono più pronunciati e quali meno, come si combinano fra di loro e giungere, infine, a definirne le attitudini.
Purtroppo non è cosi perché il Cane Còrso non può essere considerato una razza fissata, ma in corso di restaurazione gli appassionati sforzi
e sacrifici di un nucleo, non mumeroso, di allevatori che si sono prefissi un traguardo, ambizioso e difficile, e che, appunto per questo, meritano rispetto ed ogni assistenza.
Dobbiamo cercare allora di intuire i comportamenti fondamentali di questo cane, a quali caratteri morfologici questi si sposano, per indirizzare la ricostruzione della razza verso mete ben precise, risultato di una scelta ben ragionata e consapevole e non di tentativi più o meno fortunati.
È necessario, anzitutto, intenderci sul significato di “comportamento” definendone, in via generale, il contenuto e gli effetti.
Il cane domestico, come del resto ogni animale compreso l’uomo, nasce con un istinto dal quale derivano gli impulsi che governano i suoi comportamenti. Anche i suoi cugini selvatici li posseggono, ma con la differenza che, mentre in questi si evolvono per garantirne la sopravvivenza in un habitat del tutto naturale, nel cane domestico si raffineranno, dopo la nascita, ma per un periodo limitato, perché vive in simbiosi con l’uomo che provvede a tutte le sue necessità. I comportamenti dei cani selvatici, quindi, sono influenzati dai compagni di branco e dal territorio, quelli dei secondi dagli uomini e dallà loro organizzazione sociale.
L’istinto trasmesso da una generazione all’altra è complesso tanto da avere due interfacce: quella dell’affettività, che regola le relazioni con altri individui parenti o apparentati, come gli uomini che con lui convivono, e quella della territorialità, che presiede i rapporti con l’ambiente esterno. Dall’istinto nascono impulsi responsabili dei vari comportamenti e che, per la restante parte, determinati dall’esperienza, attraverso l’apprendimento, l’imprinting, sia materno sia dell’ambiente.
La selezione umana ha saputo scegliere questi comportamenti, anche attraverso la forma anatomica, rendendoli più o meno accentuati, per riuscire ad ottenere un ben determinato profilo caratteriale e, di conseguenza, utilitaristico a livello tanto familiare corne individuale. Il complesso di tutti i comportamenti, quindi, la loro combinazione, l’influenza più o meno marcata di uno piuttosto di un altro consentono di definire il carattere di una razza e capirne le attitudini.
Nel cane si individuare, almeno sulla base delle mie ricerche, dieci comportamenti, che devono essere tutti presenti, giacché l’assenza di
uno di essi sarebbe all’origine di veri e propri handicap psicologici nell’individuo che ne è deficitario.
Questi comportamenti, definiti con vocaboli che nel linguaggio umano hanno spesso un significato diverso, sono:
DOCILITÀ – Indica la predisposizione naturale del cane ad accettare l’uomo come superiore gerarchico. Ciò non vuol dire che debba essere schiavo dell’uomo, ma semplicemente che accetta di essere guidato dall’uomo, senza che questi debba ricorrere a metodi repressivi. La docilità non deve essere confusa con la timidezza o la paura.
SOCIEVOLEZZA – Un cane si inserisce, senza alcun problema, con naturalezza e spontaneità in qualsiasi ambiente ed è capace di comunicare
senza esitazione. L’assenza di socievolezza si manifesta con paure e timori, con atteggiamenti ansiosi e preoccupati.
TEMPERAMENTO – Nel cane corrisponde all ‘intensità ed alla velocità della sua reazione a stimoli esterni di ogni natura.
CURIOSITÀ – Corrisponde, nel cane, alla voglia, al piacere ed alla capacità di interessarsi, in modo assolutamente naturale, di tutto ciò che lo circonda. E alla base dell’attitudine ad esplorare territori ed ambienti nuovi. Associata alla docilità ed alla socievolezza può essere, a volte, all’origine di capacità mimetiche individuali.
VIGILANZA – Rappresenta la particolare sensibilità del cane ad avvertire un pericolo esterno capaci di minacciare lui stesso o il suo branco, che, in condizione di domesticità, è rappresentato dalla famiglia umana. Talvolta la vigilanza, associata alla sua particolare sensibilità olfattiva ed uditiva, consente al cane di preavvertire un evento naturale come il temporale o il terremoto.
TEMPRA – Dà la misura dell’attitudine di un individuo a resistere ad ogni azione esterna di natura spiacevole. La tempra è in rapporto inversamente proporzionale alla docilità.
POSSESSIVITA’ Un cane è predisposto a diventare padrone di qualcosa o di qualcuno. Deriva dal comportamento predatorio, presente an-
cora nei cani selvatici, ma assente in quelli domestici. La si manifesta nei cuccioli come espressione della loro competitività.
COMBATTIVITA’ – Corrisponde alla capacità di lottare con vigore contro uno stimolo esterno spiacevole. Di frequente, in particolare nel cucciolo, è associata alla possessività.
AGGRESSIVITÀ – Equivale, nel Cane, ad una reazione fisica a un pericolo che minaccia l’integrità del suo territorio ovvero la propria incolumità o quella dei suoi compagni. È, di conseguenza sempre motivata. Nei cani selvatici questo comportamento è utile anche a procacciare il cibo e si collega, quindi, al comportamento predatorio non più presente in quelli domestici.
CORAGGIO – Un cane coraggioso è disposto a fronteggiare situazioni ignote, alle quali potrebbe sottrarsi nell’interesse della propria integrità. Il coraggio è direttamente proporzionale alla socievolezza e al temperamento senza essere in contrasto con la docilità o necessariamente collegato alla aggressività.
Ciascuno di questi comportamenti è più o meno accentuato e si combina con gli altri, secondo schemi diversi, in rapporto alle utilizzazioni delle varie razze sino a formare una vera e propria carta di identità delle loro attitudini specialistiche. Poiché, la struttura fisica controlla la mappa comportamentale del cane, i più diversi impieghi, per i quali, nel corso di molti secoli, si sono formate, grazie all’ambiente ed all’uomo, le varie famiglie, prima, e le razze, dopo, sono influenzati dalla morfologia e dai comportamenti in stretta connessione fra di loro.
Con espressione molto poetica, si suole dire che il cane per amore dell’ uomo si è adattato alle sue molteplici esigenze trasformandosi, da predatore selvatico della steppa, in conduttore di greggi e mandrie, in guardiano, in difensore e cacciatore. Sembrerebbe che il cane di sua spontanea volontà e comprendendo, quasi a volo, ciò che gli chiedeva un essere a lui estraneo come l’uomo, abbia scelto un mestiere piuttosto che un altro e si sia, addirittura, specializzato. I fatti, però, saranno andati un po’ diversamente. Anche se non esiste alcuna testimonianza storica sui primi momenti della sua domesticazione, non c’è stato certamente, nel cane, alle origini del suo incontro con l’uomo, uno struggente amore. Sarebbe bello, ma la scienza non lo ammette.
Sulla base delle conoscenza dell’uomo e della sua primitiva organizzazione sociale e dello studio dell’evoluzione morfologica e comportamentale del cane, gli etologi, Konrad Lorenz in testa, hanno dedotto che i cuccioli nati nei villaggi dei nostri lontani progenitori, non si sono evoluti del tutto, ma hanno conservato i loro segni infantili perché, una volta adulti, per sopravvivere, non avevano bisogno di conquistare un loro territorio, di avere sempre disponibile una tana dove rifugiarsi, non dovevano predare per procurarsi il cibo. Alle loro necessità pensava l’uomo, che, con la sua protezione, ha determinato, certamente senza rendersene conto, nell’animale addomesticato una diminuzione di molte delle sue sollecitazioni evolutive che avrebbe ricevuto nella vita libera e selvatica.
I cuccioli, quindi, che vivono con l’uomo e, non più al Suo fianco come i loro padri semiselvatici, conservano i segni infantili, per tutta la loro vita.
Il cane, in sostanza, come conseguenza di questa sua persistente condizione, ha trasferito la sua naturale predisposizione a riconoscere l’autorità dei genitori e dei parenti del branco, all’interno della famiglia umana. L’uomo, nel contempo, già da diverse migliaia di anni, allevandolo ha progressivamente fissato alcune modificazioni morfologiche capaci di influenzarne il linguaggio, vale a dire i comportamenti specifici.
La conservazione dei caratteri infantili, che si registra in tutti gli animali domestici e chiamata scientificamente “neotenia” è stata messa, per
quanto riguarda il cane, in relazione all’aspetto morfologico delle varie razze, al loro comportamento ed impiego, dai due biologi statunitensi, Lorna e Raymond Coppinger, docenti dell’Hampshire College del Massachussetts. I due studiosi hanno suddiviso l’evoluzione del cane in cinque fasi, avvertendo che fra l’una e l’altra non esistono confini ben precisi.
Nel corso del primo stadio, quello dell’adolescenza, il giovane cane sente molto l’unione all’ambiente ristretto nel quale ha conquistato la sua autonomia dai genitori ed è altrettanto legato agli uomini, che hanno assunto le
cure parentali. A questo livello si ferma l’evoluzione dei cani di tipo molossoide sia da guardia che da difesa.
Nella seconda fase, detta del “gioco con gli oggetti” giungono i braccoidi, cani da caccia, dai fermatori, come il setter, ai riportatori, come i retriever, da cerca, come gli spaniel.
Nel terzo stadio, il cane assume un altro modello comportamentale, quello dell’agguato attendendo una preda anche immaginaria accucciato, con testa protesa in avanti e sguardo fermo. Sono lupoidi utilizzati nella pastorizia, in particolare quelli che nel loro lavoro ripetono il rituale dell’appostamento tenendo unito il gregge.
Il quarto stadio, detto “del tallonamento”, perché il cane segue le prede osservandone i talloni, raggruppa, anche questo, altri lupoidi, fra i quali alcuni cani da gregge capaci di recuperare animali dispersi e quelli da difesa come il pastore tedesco e il dobermann, gli spitz, ad esempio i nordici da slitta, ed, infine, i levrieri. Vi si ritrovano anche molossoidi meno massicci di quelli da guardia, impiegati corne bovari. ovvero nella caccia alla grossa selvaggina.
Alla quinta fase, nella quale il cane ha perduto del tutto i segni infantili, è completamente autonomo e non ha quindi alcun bisogno dell’uomo, pervengono unicamente quelli selvatici, come il lupo, il coyote, lo sciacallo.
Nella loro non breve storia, i progenitori di quei cani Corso, ai quali affidiamo oggi il recupero di una razza antica, avranno, senza alcun dubbio, toccato diversi di questi stadi, perché, se è vero, che hanno fatto tanti mestieri la evoluzione della loro struttura fisica è stata tale da consentire comportamenti diversificati in rapporto alla funzione assegnata dall’uomo.
Senza voler entrare in una complicata analisi morfofunzionale, che esula dall’analisi oggetto di questa mia relazione, mi limiterò a disegnare la mappa comportamentale di quei cani in rapporto alle attitudini da loro espresse in varie ere della loro storia, ipotizzando quale portrà essere stata la loro costituzione fisica. Un avvertimento per chi segue questa mia chiacchierata certamente un po’ noiosa. In ogni mappa caratteriale, i comportamenti saranno seguiti da un indice di valutazione da 2 a 5. Non è previsto l’indice 1, in quanto a questo livello un comportamento può essere considerato nullo.
Ma ritorniamo al nostro Cane Corso.
Si è detto che è stato un cane da guardia di tipo rurale, capace quindi di tenere lontano dai casolari e dai poderi affidati alla sua custodia predoni umani e predatori selvatici. Un cane destinato a questa funzione deve possedere docilità e socievolezza limitate perché sono legati più al territorio che all’uomo. La loro capacità di reazione è sempre presente; la curiosità è accentuata ma non sino al punto da indurli a lasciare la proprietà, sulla quale esercitano una elevata vigilanza. La loro tempra, come la possessività e cosi anche l’aggressività sono molto pronunciate. La combattività ed il coraggio sono appena al di sotto della massima valutazione perché i cani custodi non devono essere trascinati dal loro stesso ardore al di fuori dello spazio da protegere.
Questa la loro mappa comportamentale:
Docilità+++
Socievolezza+++
Temperamento+++++
Curiosità++++
Vigilanza+++++
Tempra+++++
Coraggio++++
Aggressività+++++
Possessività+++++
Combattività++++
La costituzione di un cane da guardia rurale non può che essere pesante. La testa è brachicefala con branche mandibolari possenti. Ipotizziamo, quindi, il cranio poco convesso o, addirittura Piatto, il muso corto rispetto alla lunghezza di quest’ultimo con tartufo molto largo. Il tronco, da brachimorfo a mesomorfo, possente di ossa e muscoli, deve avere una costruzione
che consente un movimento non veloce ma molto resistente far si che il cane possa tenere sotto il suo controllo spazi molto ampi.
È stato, il Còrso, anche un cane da difesa, caratterizzato, quindi, da grande docilità e socievolezza. Questi cani, infatti, devono amare molto l’uomo per difenderlo e muoversi in mezzo alla gente senza alcun timore, tempi di reazione agli stimoli esterni sono limitati ai momenti in cui sono insieme all’uomo. La curiosità è un po’ più accentuata, mentre lo è meno la vigilanza che ha soltanto una funzione protettiva dell’uomo e non dell’intero territorio. Del medesimo livello è la tempra, che, se accentuata, porta ad un’indipendenza inammissibile in un cane da difesa. Di contro, è al massimo grado la combattività, mentre l’aggressività è modesta, perché l’uomo deve, in ogni caso, potere fermare il proprio cane quando, per difenderlo, si lancia contro un’altra persona. Competitivi in qualsiasi circostanza, il loro coraggioè pro
verbiale.
Questa la loro mappa caratteriale:
Docilità+++++
Socievolezza+++++
Temperamento+++
Curiosità++++
Vigilanza+++
Tempra+++
Coraggio+++++
Aggressività+++
Possessività++++
Combattività+++++
Un molossoide da difesa è appena un brachicefalo con cranio leggermente convesso sulla parte anteriore e abbastanza piatto in quella superiore. Il muso è corto con branche mandibolari larghe e mandibola che sopravanza la mascella (prognatismo). La costruzione è molto compatta e scattante, mesomorfa.
Sia da guardia che da difesa, i Cani Còrsi sono molossoidi la cui evoluzione si è fermata allo stadio dell’adolescenza. Conservano, quindi, molto marcati i segni infantili per tutta la loro vita. Le due mappe caratteriali, comunque, sono abbastanza differenziate e di questa circostanza dovranno tenere conto i selezionatori. Non esiste, infatti, né può esistere un cane universale capace di essere, nel contempo, guardiano e difensore, giacché nelle due specializzazioni sono presenti comporamenti di diverso livello.
Al terzo stadio, quello del tallonamento, appartengono, invece, i Còrsi impiegati, ed alcuni lo sono ancora, come mandriani o nella caccia alla grossa selvaggina, ad esempio il cinghiale. In questi, la docilità è piuttosto ridotta, ma in limiti che consentono un buon colloquio con l’uomo. La socievolezza è ancora di più ridotta, perché non amano frequentare uomini diversi da quelli con i quali vivono nella solitudine dei pascoli o durante le battute al selvatico. I tempi di reazione sono abbastanza veloci e intensi con una curiosità, vigilanza e tempra spinte al massimo. Ciò significa che hanno la tendenza a estendere di molto il loro territorio e a considerare di loro proprietà tutto ciò che si trova in questo vasto ambiente. Sono dotati di molta resistenza al freddo ed al maltempo. La combattività e l’aggressività sono molto
accentuate ma non spinte al massimo livello, mentre lo è il coraggio.
Questa la loro mappa caratteriale:
Docilità++
Socievolezza++
Temperamento++++
Curiosità+++++
Vigilanza+++++
Tempra+++++
Coraggio+++++
Aggressività+++++
Possessività+++++
Combattività+++++
Sul piano morfologico questi cani posseggono i caratteri del molossoide, ma non molto accentuati. La loro conformazione, a volte, tende al mesomorfo sia nella testa che nella costruzione ricordano l'”Alan gentil” descritto da Goston Phoebus nel XV secolo.
La parola, adesso, passa a coloro che si sono posti, ne ho già fatto cenno, l’ambizioso traguardo di restaurare l’antico Cane Còrso – una impresa titanica giacché nessuno può prevedere a quali risultati potrà condurre l’opera selettiva, se a cani molossoidi con segni infantili ben marcati, a quelli cioè del primo stadio ipotizzato dai Coppinger ovvero a cani del quarto stadio.
A rendere più complesso il problema vi è una circostanza che non può non influire negativamente sull’impegno di questi nostri amici. Mi riferisco alla pressione che è stata esercitata in passato sul Cane Còrso per farne un cane da combattimento. A questo scopo, i cani, che appartengono al quarto stadio, quello del tallonamento, sono stati ancor di più accentuati i comportamenti della possessività e dell’aggressività ed è stato regalato loro, attraverso l’imbastardimento, quel comportamento predatorio, che è caratteristica dei cani selvatici del quinto stadio.
Usando, quindi, violenza sul cane domestico, sul cane familiare per fargli recuperare comportamenti ancestrali, ormai bloccati e sopiti, si è trasformato il Cane Còrso in una vergognosa ed indecorosa macchina di morte, facendogli, quindi, perdere quelle caratteristiche morfologiche e caratteriali che oggi si vogliono recuperare.
Non posso che concludere, signore e signori, con una raccomandazione:
andare avanti con le idee molto chiare, fissando, con estremo rigore, mete ben precise.
A voi il nostro applauso ed il nostro augurio.
Mario Perricone
Copyright Editrice L’ Orsa S.R.L. 1990