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audizione pubblica di STOP VIVISECTION, l’iniziativa dei cittadini europei sostenuta da 1.173.131 firme contro gli esperimenti sugli animali in favore dei metodi alternativi sostitutivi
di MARGHERITA D’AMICO
A GRANDE richiesta popolare e sotto la spinta di associazioni, parlamentari e personalità internazionali, oggi la scienza contraria agli esperimenti sugli animali in favore dei metodi alternativi sostitutivi spiega le proprie ragioni al Parlamento europeo. Alle 15 infatti, a Bruxelles, c’è stata l’audizione pubblica di STOP VIVISECTION, l’iniziativa dei cittadini europei sostenuta da 1.173.131 firme certificate: rientra fra le uniche tre, su quaranta imprese analoghe avviate nei primi anni di applicazione del Diritto d’Iniziativa, che abbiano varcato il traguardo del milione di sottoscrizioni. Si avvale di un comitato scientifico formato dal fisico e biologo cellulare francese Claude Reiss, il biologo ex parlamentare italiano Gianni Tamino e lo zoologo e medico veterinario inglese André Menache. L’obiettivo è richiedere alla Commissione europea l’annullamento dell’ultima Direttiva comunitaria sulla sperimentazione animale a beneficio di un percorso legislativo nuovo e moderno:”Rendere obbligatori i metodi sostitutivi ovunque siano applicabili”, spiega Fabrizia Pratesi, coordinatrice del comitato scientifico “promuovendone lo sviluppo con un serio e rapido percorso di abolizione della sperimentazione animale, una pratica inutile e rischiosa che, a differenza di ogni nuovo metodo, non ha mai soggiaciuto ad alcun processo di validazione”.
Secondo il movimento antivisezionista, infatti, progresso scientifico e diritti degli animali possono fortunatamente camminare di pari passo, una volta riconosciuto erroneo il principio di ricavare da una specie indicazioni attendibili per un’altra, poiché ciascuna fa riferimento a sé, e le notevolissime conquiste ottenute in biologia, chimica, matematica, genetica, permettono adesso di procedere altrimenti. L’uomo non è un topo, e neppure un pesce, ma i sostenitori del sistema che ogni anno sacrifica fra atroci sofferenze l’esistenza di milioni di animali obiettano che con percorsi alternativi si possono sì ricostruire artificialmente gli organi, ma non l’organismo. Mancherebbe dunque alla sperimentazione la parte traslazionale, ovvero testare su un sistema completo prima di passare all’uomo.
Ribatte Claude Reiss, per trent’anni direttore di laboratorio al CNRS di Parigi e all’Istituto Jacques Monod, docente universitario e fondatore di Antidote Europe, associazione costituita prevalentemente da medici e ricercatori che si battono per una ricerca biomedica responsabile e sicura: “La vita di ogni individuo inizia come uovo fertilizzato, che si divide circa 50 volte per produrre intorno alle 10 elevate alla 15a o alla 16a di un essere umano. Quasi tutte queste cellule contengono le stesse informazioni generiche dell’uovo fertilizzato, pertanto il primo passo è valutare le reazioni nelle cellule umane in coltura. Il passo successivo è testare tessuti e organi, specie ora che possiamo ricavare miniorgani (cervello, fegato, rene) da cellule staminali pluripotenti, provenienti senza alcun danno da volontari umani. Quando si passa a sperimentare sulle persone – il che avviene soltanto per i medicinali – dobbiamo ricorrere a test clinici. Sostituire tale passo con qualsiasi modello animale è nel migliore dei casi inutile, e, nel caso in cui i risultati dei test vengano considerati validi per noi, estremamente pericoloso per gli umani. Su 100 molecole che si ritengono valide per una data terapia, poche (meno di 10) superano i test animali. Delle altre, circa 90-95 per cento non superano il test animale, anche se qualcuna può essere risultata efficiente negli umani”.
USA e Giappone sono i paesi che al momento investono di più nei metodi alternativi sostitutivi, ma quanto sarebbe lungo, qualora si decidesse di puntare decisamente su di essi, l’eventuale percorso di dismissione delle cavie da laboratorio? “Circa sei mesi per le prove tossicologiche: negli USA già si costruiscono robot in grado di testare cento differenti sostanze al giorno”, spiega Reiss. “Tempi molto maggiori sarebbero richiesti dalla ricerca biomedica, perché la maggioranza dei laboratori usa da decenni i modelli animali e bisognerebbe aspettarne la riconversione per valutare i cambiamenti apportati dai nuovi metodi, il cui successo dipenderebbe anche dagli investimenti orientati a nuove apparecchiature e formazione dei ricercatori sia nel loro utilizzo che nell’assimilazione di nuovi concetti”.
La rigenerazione della ricerca è auspicata da una compagine scientifica sempre più nutrita, che si scontra con politiche, industrie e baronie di settore ancora fisse sull’indispensabilità della vivisezione. Conclude Reiss: “Gli esponenti della vecchia guardia – ricercatori, accademici, persino premi Nobel – sono riluttanti ad ammettere di aver ottenuto dai modelli animali risultati molto modesti e, spesso, di controversa interpretazione. Cito la valutazione dei rischi tossici nei roditori, che si effettua selezionando abilmente ceppi dei medesimi e consente di affermare tutto e il suo contrario”. A vantaggio, per esempio, di quelle grandi industrie che producono al tempo stesso farmaci e diserbanti, dovendone rispettivamente dimostrare efficacia e innocuità. E fra gli obiettivi di STOP VIVISECTION figura quello di “mettere in discussione e controbilanciare i forti interessi di chi realizza profitti sulla sperimentazione animale senza considerare né la salute dei cittadini né i diritti alla vita, al benessere e alla libertà di tutti i viventi”.
Osserva Gianluca Felicetti, presidente della Lav-Lega antivivisezione: “L’UE dev’essere capofila di una ricerca davvero scientifica, eticamente sostenibile, che pensi davvero al bene dei malati e non a come uccidere un numero maggiore di cavie. Ci aspettiamo che si passi dalle parole ai fatti liberandoci dal monopolio della sperimentazione sugli animali, difeso strenuamente da chi non sa fare altro”.
Il dibattito odierno, aperto al contraddittorio, è organizzato dalla Commissione AGRI insieme alle commissioni ENVI, ITRE e PETI, e si svolge alla presenza di Jyri Katainen, vicepresidente della Commissione europea.
Sono certo che riguardo alla vivisezione siamo tutti d’accordo nel considerarla una pratica orribile e indegna.
Il fatto che questo punto di vista sia condiviso da un numero sempre crescente di persone è già di per sé una buona notizia. Dubito tuttavia che il numero corrisponda ad un reale potere di interdizione rispetto alla pratica della vivisezione: il fatto è che sopravvive una certa abitudine scientifica ai processi “sperimentali” che non è facile superare. Inoltre, come al solito, questa pratica coinvolge interessi economici molto forti contro i quali la lotta è quanto mai ardua.
Nella mia-nostra impotenza di fronte al fenomeno, vorrei aggiungere a quanto detto nell’articolo poche considerazioni. Non è vero che per la specie umana sia di necessità positivo il superamento di certi limiti fisici presenti nel nostro organismo. Non è detto, cioè, che sia proprio auspicabile una straordinaria longevità (nel Satyricon di Petronius leggiamo che la Sibilla di Cuma, chiusa nella sua ampolla, pregava per ottenere la morte), o l’immunità da ogni tipo di malattia: questo sarebbe vero, forse, per l’interessato; invece a livello generale la specie umana dovrebbe fare i conti con le limitate risorse del pianeta, già ora depauperate e messe a rischio da sovrappopolazione ed inquinamento.
Soprattutto, ci sono vincoli morali insuperabili che dovrebbero spingerci ad anteporre norme etiche rigorose a qualunque vantaggio di ordine economico o scientifico.
Utopie…
Quello che dici Giuseppe sarebbe una cosa talmente logica,e dotata di buon senso, che se la razza umana fosse una razza dotata di buon senso logico lo avrebbe gia fatto,e messo in atto da molto tempo, ma siccome la razza umana non è Logica e per niente dotata di buon senso , si diverte allegramente a distruggere il pianeta, in nome dell egoismo,e del volgare interesse personale, e su tutto il resto ci mette, un gran bel:ma chi cazzo se ne frega!! magari poi piange a buoi usciti dalla stalla,ma finchè la barca và la lascia andare, ciao Vale