Cheyletiella è un acaro che vive sulla superficie cutanea di cani, gatti, conigli, volpi ed altri piccoli mammiferi ed è la causa di una dermatite molto contagiosa e variabilmente pruriginosa.
Cenni morfologici e ciclo biologico
L’acaro adulto è grande (300-500 mm), ha un corpo di forma esagonale ed ha quattro paia di arti che terminano con una struttura a forma di pettine. La caratteristica principale del parassita è però la presenza di un prominente apparato buccale che termina con due grossi uncini contrapposti che l’acaro utilizza per scavare e muoversi tra i cheratinociti. Esistono tre principali specie di Cheyletiella: la C. yasguri, la C. blakei e la C. parasitivorax che, pur non essendo specie-specifici, prediligono infestare rispettivamente il cane, il gatto ed il coniglio
Da un punto di vista tassonomico, ma che non ha interesse ai fini prognostico-terapeutici, è possibile differenziare i tre acari andando a ricercare il cosiddetto “solenidio” e cioè un organo sensoriale che Cheyletiella possiede sul III° segmento del I° paio di arti; tale solenidio ha forma di cuore in C. yasguri, di cono in C. blakei ed è di aspetto globoso in C. parasitivorax.
L’acaro compie l’intero ciclo sull’ospite vivendo tra gli strati di cheratina dell’epidermide, movendosi rapidamente in pseudotunnel tra le scaglie e nutrendosi di linfa e fluidi organici. Le uova sono piccole, ovali e labilmente ancorate ai peli da un fitta rete di sottili fibrille intrecciate, a differenza delle uova di pidocchio (lendini) che sono saldamente adese al fusto del pelo per i 2/3 della loro lunghezza.
L’intero ciclo dura circa 21 giorni, le femmine adulte sono in grado di resistere nell’ambiente esterno per oltre 10 giorni senza alimentarsi, mentre le forme immature muoiono in pochi giorni al di fuori dell’ospite. Questo comportamento biologico è spesso causa di reinfestazione.
Epidemiologia e sintomi clinici
La malattia è molto contagiosa specie tra gli animali giovani e sono possibili contagi agli uomini (da piccole lesioni papulari su arti e addome fino a gravissime forme di dermatite papulare generalizzata). Il prurito può essere intenso ed interessare più soggetti dello stesso nucleo familiare. Come per le altre zoonosi da acari, l’eliminazione del parassita dagli animali e la gestione dell’ambiente sono sufficienti a far regredire le lesioni sull’uomo.
La trasmissione avviene per contagio sia diretto sia indiretto e si è visto che Cheyletiella può essere veicolata sugli animali da altri parassiti come pulci, pidocchi e mosche.
Alcuni animali, prevalentemente i soggetti adulti, sono assolutamente asintomatici e la parassitosi viene sospettata solo per la presenza di una dermatite desquamativa per lo più localizzata alla regione dorsale; altri animali hanno invece un prurito molto intenso non correlato al numero di parassiti presenti sulla cute, cui consegue lo sviluppo di lesioni da autotraumatismo.
I gatti possono manifestare tutti i quadri clinici secondari al prurito e cioè l’alopecia simmetrica autoindotta, il prurito sul collo e sulla faccia, le lesioni appartenenti al gruppo delle malattie cosiddette eosinofiliche (placca, granuloma lineare ecc.), nonché la dermatite miliare (piccole papulo-croste difuse su tutto il corpo della grandezza di un seme di miglio) che suggeriscono l’esecuzione di un iter diagnostico differenziale nei confronti di numerose altre malattie parassitarie ed allergiche.
Diagnosi
La visualizzazione del parassita o delle sue uova è possibile con diverse tecniche: la principale è sicuramente l’esame microscopico delle scaglie raccolte con la tecnica del nastro adesivo trasparente, meglio nota come scotch test.
Si spazzola il mantello dell’animale con le mani o con un pettine a denti stretti facendo cadere il materiale sul tavolo da visita per poi raccoglierlo con lo scotch.
Se sono presenti pochi parassiti e si osservano lesioni papulari è possibile eseguire un raschiato cutaneo superficiale così come è stato indicato per la ricerca di Sarcoptes.
Un’altra possibilità è la visualizzazione delle uova mediante esame tricoscopico del pelo ed in alcuni gatti con prurito non è infrequente ritrovare i parassiti anche ad un esame coprologico per flottazione. La tecnica della flottazione può essere sfruttata anche per le scaglie.
Gli autori anglosassoni hanno coniato il termine “forfora che cammina” per descrivere l’aspetto desquamativo della malattia: ciò perchè molte di quelle che ad una prima osservazione macroscopica sembrano essere scaglie, sono in realtà parassiti (colore biancastro simile a quello delle scaglie) che, con un’attenta osservazione ad occhio nudo o meglio utilizzando una lente d’ingrandimento, è possibile veder muovere sul mantello.
Quando le scaglie sono l’unica lesione presente, tra le diagnosi differenziali dobbiamo prendere in considerazione i difetti di cheratinizzazione primari (nei cani giovani), gli stati nutrizionali carenziali, la leishmaniosi, l’infestazione da pulci o da altri parassiti; se invece il prurito è presente dobbiamo escludere una scabbia e una dermatite allergica alla saliva della pulce.
Nei gatti dobbiamo escludere la dermatofitosi e le altre malattie allergiche e parassitarie.