Bartolomeo Pinelli (Roma, 20 novembre 1781 – Roma, 1º aprile 1835) è stato un incisore, pittore e ceramista italiano. Artista grafico estremamente prolifico, è stato recentemente stimato che abbia prodotto circa quattromila incisioni e diecimila disegni. Nelle sue stampe ha illustrato i costumi dei popoli italiani, i grandi capolavori della letteratura: Virgilio, Dante, Tasso, Ariosto, Cervantes, Manzoni, e soggetti della storia romana, greca, napoleonica ecc. Il tema in generale più ricorrente è Roma, i suoi abitanti, i suoi monumenti, la città antica e quella a lui contemporanea. Ha avuto fra i propri allievi il noto ritrattista goriziano Giuseppe Tominz. La sua opera di illustratore possiede, oltre all’intrinseco valore artistico, un rilevante significato documentario per l’etnografia di Roma, dell’Italia e della Svizzera.
Il Pinelli era sempre in giro a ritrarre e documentare dal vivo vedute campestri, costumi popolari, gli appassionanti scenari della campagna romana. Era sempre accompagnato da due fedeli cani Corsi a lui carissimi, da cui non si separava mai e la cui compagnia preferiva a quella di qualsiasi amico. Si raffigurava sempre con i due Corsi ai piedi e forse nessuna razza canina ha mai avuto una così voluminosa e perfetta iconografia come l’ebbero i cani Corso del Pinelli. Considerando che il Pinelli si effige con cani Corso al suo fianco dal 1809 al 1830, deve averne avuti diversi, un arco di tempo che si estende per almeno tre generazioni di cani Corso. L’opera iconografica del Pinelli ci offre la possibilità di osservare e di vedere quale era la morfologia e la funzione dell’amico comune; i Corsi sono raffigurati con arte magistrale e da un uomo che li conosce bene, un vero Corsista!
Antichi mestieri, il Carnacciaro:
Tra gli antichi mestieri che esistevano, ritratti dal Pinelli e che ora sono scomparsi, c’era il carnacciaro, o anche detto carnicciaro o carnecciaro, ovvero il venditore ambulante di carne per gatti.
La carnaccia altro non era che scarti di macelleria costituiti da polmoni, trippa e interiora, lessati e tagliuzzati che veniva venduta ai padroni dei gatti di casa o a chi si preoccupava di sfamare i gatti randagi
Il Carnacciaro passava per le vie della città nelle prime ore della mattina, portando in equilibrio sulla spalla un bastone ricurvo su cui ciondolava la mercanzia. Non aveva certo bisogno di essere annunciato: bastava un semplice fischio, che i romani chiamavano “sordino”, e i gatti e i cani, già di vedetta, accorrevano abbaiando e miagolando e avvisando quindi il padrone dell’arrivo del venditore. Un pezzo di carne costava un bajocco.
Il Carnacciaro vendeva anche gatti, che teneva in una speciale borsa a tracolla. I gatti erano molto richiesti nelle case per tener lontano i topi dalle dispense e per il carnacciaro non era certo difficile catturare i gatti che si avvicinavano per l’odore della sua carne.
Alcuni cronisti ricordano che questa attività venne svolta fino al 1944.
Oggi il carnacciaro è stato sostituito dalle gattare che si occupano delle numerose colonie feline della città di Roma.