Si sente sempre ripetere nei testi popolari contemporanei che il Cane Corso è il diretto discendente dei cani che le legioni romane usavano in battaglia. Questa affermazione è in linea di massima plausibile ma va inquadrata con una serie di considerazioni.
Al tempo della civiltà classica il cane da presa/molossoide era diffuso in tutta l’area dell’Impero Romano, ma non è in questa area che va cercata la culla del tipo. A dimostrazione di ciò abbiamo delle rappresentazioni di duemila anni a.C. provenienti dal Medio Oriente che testimoniano l’esistenza di cani da presa/molossoidi perfettamente formati molto prima della civiltà greco-romana (v. Fig. 1).
D’altronde, gli stessi autori classici, da Aristotele (384-322 a.C.) in poi, pongono la patria di questo cane nella Valle dell’Indo, attuale Pakistan.
Gli antichi romani, gente pragmatica sempre aperta ad accogliere tutto ciò che altre culture offrivano di buono e utile, se ne sono appropriati subito. Lo riconosciamo nel canis villaticus del Columella che ce lo descrive come poderoso, scuro, dalla testa massiccia e lo sguardo di fuoco, adibito alla guardia della famiglia e della casa. Lo riconosciamo anche in alcune sculture dove è impiegato nella caccia al cinghiale e al cervo (Fig. 2).
Per quanto concerne il suo impiego in guerra e nei combattimenti del circo non sono ancora riuscito a rintracciare testimonianze coeve ma il fatto è del tutto probabile (chi ne è a conoscenza è pregato di citarle). La sconfinata fantasia dei Romani nell’inventare spettacoli cruenti avrà certamente trovato un modo di impiegare nei ludi circenses un animale così potente e combattivo, magari in una ricostruzione dello spettacolo offerto ad Alessandro dal re Sopeithes dove cani da presa vengono lanciati contro leoni. Sull’impiego bellico nell’antichità l’unico riferimento che ho trovato si trova in Plinio il Vecchio (77-79 s.D.), oltreché in Strabone ed Eliano, ma non fa riferimento alle legioni romane. Ci dice che i popoli di Colofonia (Anatolia occidentale) e di Castabulo (Anatolia sudorientale) impiegavano schiere di cani nelle loro guerre, e che lottavano ferocemente in prima linea senza mai rifiutare battaglia. Però non si capisce che cani fossero. Cani hanno sempre accompagnato gli eserciti, specialmente prima che venissero motorizzati, ma la loro vera utilità era nell’udito e nell’olfatto. Una sentinella nella notte poteva stare tranquilla se aveva accanto un cane poiché questo era in grado di cogliere la più lontana presenza minacciosa ben aldilà della percezione umana. Il fiuto finissimo dell’animale, poi, sapeva individuare la presenza di spie. Un corpo militare, quale poteva essere una legione, sviluppa un suo odore caratteristico riconoscibile in ogni singolo soldato per cui se un estraneo s’infiltrava il cane era capace di distinguerlo tra la massa. Ma questi servizi possono essere svolti anche da cani piccoli. Dove, invece, il cane da presa poteva essere impiegato in guerra con profitto era al momento della rotta del nemico, quando i soldati sconfitti si sbandano, fuggono, liberandosi del peso delle armi (Fig. 3).
Ecco che i cani da presa venivano chiamati in gioco per catturare i fuggitivi, una pratica importante nelle guerre di una volta perché con i prigionieri ricchi si chiedeva il riscatto e con quelli poveri si facevano schiavi. Lo scopo del cane da presa era di tenere fermo il prigioniero, non di dilaniarlo. A questo punto bisogna fare un distinguo tra aggressione e aggressione. Il Cane Corso non è un azzannatore, come il Dobermann o il Malinois che si accaniscono sulla vittima, bensì morde per trattenere. Conosco due casi di persone assalite da cani corso dove un comportamento calmo ha fatto sì che la situazione si riducesse all’uomo tenuto prigioniero da un morso stretto, ma non ferente, fino all’arrivo del padrone.
Paolo Breber