Premessa
I molossi possono essere cani di taglia considerevole, con masse muscolari molto sviluppare ed un morso devastante. È evidente che la potenziale pericolosità sia direttamente proporzionale alla stazza; indipendentemente dalla razza, in situazioni di stress, un cane troppo nervoso o protettivo potrebbe diventare mordace.
Non sono quindi animali consigliabili a tutti, sarebbe meglio evitare alcune razze e comunque affidarsi alla guida di un addestratore professionista.
Un mastino non è uno status simbol, è una animale che vive per amare in maniera totale ed incondizionata il suo padrone.
Origini
Secondo una teoria ancora da verificare tutti i molossoidi discenderebbero da un antenato comune, identificabile con un grosso cane dell’asia centrale adibito alla difesa del gregge ai tempi della primitiva pastorizia.
La razza che ha (forse) conservato maggiormente le caratteristiche dell’antenato comune, grazie al relativo isolamento, è stato il mastino del tibet. L’antico molossoide si deve essere evoluto adattandosi ai vari climi ed ambienti geografici nei quali si trovò ad operare, dando il via alla formazione delle molteplici razze locali. Un’altra importante spinta evolutiva fu quella data da nuovi impieghi lavorativi: guardiani di proprietà, guardie del corpo, ausiliari nella caccia alla grossa selvaggina, cani da guerra, combattenti nelle arene, bovari ecc.
Sumeri, Babilonesi, Ittiti, Assiri, apprezzarono e allevarono quello che oggi chiamiamo il molosso mesopotamico; utilizzandolo soprattutto come cane da caccia In seguito, furono impiegati, per la loro ferocia, anche in guerra.
Anche Ciro, re di Persia, non fu insensibile al fascino del mastino e una volta che ebbe soggiogata la Mesopotamia, portò in patria fra le prede di guerra anche i feroci cani.
In India dovevano esserci già, dato che Alessandro il Grande, reduce dalla spedizione, li portò da lì in Grecia. Data la continuità geografica tra l’India ed il Tibet è più probabile che il molosso fosse giunto da là, piuttosto che dalle più lontane terre mesopotamiche.
In Egitto il molosso comparve al seguito degli Hyksos, venuti dall’Asia Centrale, che invasero il paese sotto la XIII dinastia. Lo troviamo raffigurato anche in alcune scene del tesoro del faraone Tutankahmen.
Il mastino in Grecia potrebbe essere stato introdotto precedentemente, da Serse verso il 480 a.C., all’epoca della seconda guerra persiana; è stato infatti accertato che questo re avesse dei molossi al suo seguito.
Quasi assente nell’arte greca l’antico molosso non è però ignorato dalla tradizione letteraria e mitologica: ne scrisse Aristotele, filosofo e naturalista, considerato il padre della zoologia.
Lo Stagirita cita, nelle sue opere, 7 diverse razze di cani, senza però descriverle dettagliatamente e chiamandole col nome delle regioni dove erano diffuse (cani di Sparta, d’Epiro, d’Egitto…). In particolare nel “De animalibus historia”, al lib. IX leggiamo: «La razza dei cani d’Epiro, anch’essa da caccia non differisce in niente dalle altre, se non perché accompagna i greggi e spicca per grandezza e forza, per cui debella le fiere. Poi sono prestanti, e per forza, e per sagacità quei cani che nascono dall’una e dall’altra razza, degli epirotici e dei laconici (spartani)».
I Greci immolavano vittime canine anche a Proserpina, Mercurio, Marte e Diana. In una città della Focide, Daulide, nel tempio dedicato a Minerva, erano allevati cani che, docili con i Greci, erano particolarmente feroci con gli stranieri.
E in Sicilia, nel tempio di Vulcano, presso l’Etna, era osservata la stessa consuetudine della madre patria.
All’epoca della conquista della Britannia, verso il 55 a.C. l’esercito di Giulio Cesare dovette affrontare oltre che gli indigeni anche i loro cani.
E i valorosi legionari di Roma respinsero e ammirarono quelle belve aggressive, che furono definite per le loro caratteristiche pugnaces Britannìae.
Conquistata l’isola i Romani riportarono in patria alcuni di quei cani. Pare che un ufficiale, detto procurator Cynegii, avesse il compito esclusivo di soprintendere in Britannia all’allevamento dei molossi e al loro invio a Roma.
II feroce molosso inglese è sopravvissuto in madre patria fino ai nostri giorni, dopo molte traversie, giungendo ad un pelo dall’estinzione e dopo aver dato origine ad alcune sottorazze, primo fra tutti il Bulldog.
Ma come era giunto lì l’esemplare che i soldati romani avevano trovato nelle Isole Britanniche?
Potrebbero essere stati gli stessi Romani o i Fenici, grandi navigatori, che verso il VI sec. a.C. commerciavano con gli abitanti dell’isola inglese. Fra le altre merci, essi avrebbero scambiato anche i mastini asiatici che si portavano appresso nei loro viaggi.
A Roma, dicevamo, li avrebbero introdotti gli stessi Romani, reduci dalla conquista d’Albione. Però in questa città venivano già allevati i cani d’Epiro, che sono poi i discendenti di quei molossi greco-macedoni tanto cari ad Alessandro, e chiamati pugnaces.
Un’altra ipotesi, altrettanto valida, è quella che li vorrebbe importati in Italia dagli stessi Fenici che li avevano introdotti in Inghilterra.
Del resto, è risaputo che i Fenici erano in rapporti commerciali anche con i popoli italici.
In oltre il molosso greco potrebbe essere giunto in Italia con i coloni che diedero vita alla Magna Grecia occupando tutta l’Italia meridionale fino a Cuma, intorno all’VIII sec. a.C..
L’unico dato certo è che l’antico molosso romano sia esso introdotto dai Greci, dai Fenici, dagli Etruschi o Inglesi, è sempre il discendente del meraviglioso molosso mesopotamico.
Giunto a Roma, il molosso fu opportunamente allevato ed addestrato per diversi scopi, quali:
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combattente in battaglia;
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combattente nelle arene contro belve e gladiatori;
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guardiano di edifici pubblici, di case e di ville patrizie;
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ausiliario nella caccia grossa.
Il Molosso Romano, pertanto, era un cane funzionalmente completo e nelle terre conquistate dalle Legioni Romane di cui era al seguito, dette origine a cani che poi vennero utilizzati per funzioni similari: ad esempio, in Spagna originò il Perro da presa spagnolo e in Francia il Dogue de Bordeaux.
In oltre contribuì alla formazione di altri cani che ora fanno parte di altre razze europee, come: il Komondor, l’Old English Mastiff, il San Bernardo, il cane dei Pirenei, il Bovaro Svizzero…
I Romani furono i primi a classificare i cani secondo il loro impiego nella caccia:
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Seguges: (segugi) che grazie al sensibilissimo olfatto seguivano le tracce della selvaggina;
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Celeres: (levrieri) che la inseguivano velocemente;
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Pugnaces: (molossoidi) che l’attaccavano.
La caccia preferita dai romani antichi era condotta attraverso grandi battute, possibilmente a cavallo se il terreno lo permetteva: i molossi, una volta circondata la preda, scovata dai seguges ed inseguita dai celeres, le venivano aizzati contro e la bloccavano fino all’arrivo dei cacciatori che, richiamati i cani, per dimostrare il loro coraggio l’affrontavano con il giavellotto (o anche con la daga) da distanza ravvicinata.
Un altro compito del molosso, presso diversi popoli antichi, fu quello di giustiziare i nemici o i colpevoli di particolari reati che venivano buttati in fosse dove i cani, tenuti affamati, li sbranavano. L’espressione “gettato in pasto ai cani” discende appunto da questa cruente e terribile pratica. Macabra, ma efficace usanza, era quella di procurare tal tipo di cibo ai cani al fine di far loro superare la paura dell’uomo e di aumentarne l’istinto predatorio.
La tradizione ad impiegare i cani come ausiliari nelle imprese militari continuò dopo la caduta dell’Impero Romano per tutto il Medioevo ed il Rinascimento, anche se in quest’ultimo periodo storico prevalse l’utilizzo dei Molossi come “cani da presa” nelle gigantesche battute di caccia all’orso, al cinghiale ed al lupo.
Nel Medioevo, cane e cavallo formarono l’identità del Cavaliere. Se si considera l’atteggiamento della cultura aristocratica e religiosa medioevale di prevalente disprezzo nei confronti del lavoro manuale e del commercio, le due sole attività da cui ci si poteva a quel tempo ricavare prestigio, ricchezza e potere erano la guerra e la caccia. Era pertanto indispensabile il permanente possesso di ampie scuderie e di mute di cani che dimostrassero particolare efficacia nella caccia (levrieri, molossi e segugi), nella guardia e nella difesa delle fortificazioni e, soprattutto, nei frequenti conflitti armati che ad ogni piè sospinto scoppiavano fra i Signori del tempo per il dominio sui territori. Il signore medioevale era proprietario di un elevatissimo numero di cani ma la loro cura era riservata, come doveri di vassalli, ai propri sudditi.
Al fianco del cavaliere figuravano sempre Molossi da combattimento, presenti in quasi tutti gli eserciti medioevali. Bardati di protezioni di cuoio rinforzate con lamelle metalliche, era loro affidato il risolutivo compito di assalitori: eccitati dalle grida di battaglia, si lanciavano sul nemico azzannando cavalli e cavalieri e scomponendo così la cavalleria nemica.
Nel Medioevo il legame con il cane da guerra e da guardia o da difesa fu particolarmente forte tanto è vero che il Clero prese più volte drastici provvedimenti al fine di impedire l’accesso in chiesa a questi animali da cui i cavalieri non volevano separarsi nemmeno durante le funzioni religiose.
Furono verosimilmente discendenti del Molosso Romano importati dal Regno di Castiglia quei Mastini a cui nel 1494 Cristoforo Colombo fece ricorso contro gli Indios del Nuovo Mondo:
“E’ il 15 maggio 1494: la seconda spedizione di Cristòbal Colòn (Cristoforo Colombo) …. Qualche giorno prima aveva compiuto una carneficina di indios ostili, pressoché indifesi, utilizzando prima frecce di ferro scagliate con le balestre, poi feroci cani mastini d’assalto.”
“… il mondo seppe che catturasti schiavi indiani come pesci in trappola, nutristi mastini delle loro carni come scherzo spagnolo” (“Cristòbal Colòn: il sogno di un marinaio”, prosa di Duane Niatum e Salish Klallam).
Pizarro, non gli fu da meno e riportò che i suoi cani furono, come nell’antichità, alimentati anche di carne umana. Il domenicano spagnolo Bartolomé De Las Casas, che difese gli indigeni dalle barbarie dei Conquistadores, scrisse che questi cani avevano imparato a nutrirsi di carne umana.
Suddivisione
Si possono individuare almeno tre grandi tipologie:
- Cani da montagna, utilizzati per la difesa del gregge, e cani da utilità (es. Pastore del Caucaso, Cane di Terranova, Cane di San Bernardo)
- Mastini, cani da difesa e guardiani di proprietà (es. Mastino napoletano, Alano, Fila Brasileiro, Dogue de Bordeaux)
- Molossoidi di piccola taglia, generalmente da compagnia (es. Carlino, Bouledogue)
Ciao, bell’articolo! Ne ho scritto uno sul bellissimo cane corso, che ne pensate?
http://www.conagit.it/blog/index.php/il-cane-corso-un-guardiano-dal-cuore-grande/
Ciao, Ti va se lo pubblichiamo anche qui? 😉
Come commentiamo la presenza in tutte le nostre città di decine di questi mostri al guinzaglio di esibizionisti ignoranti del loro potenziale distruttivo?
A questo padre di famiglia un RIP per una morte tanto stupida quanto inutile ed evitabile.
https://roma.repubblica.it/cronaca/2019/03/24/news/tiago_sbranato_cane-222387720/?ref=fbpr
Ciao, dagli ultimi aggiornamenti pare che non sia stato il suo cane ad ucciderlo ma altri cani, probabilmente cani da pastore vista la presenza di greggi di pecore in zona. Nei prossimi giorni paragoneranno le ferite da morso rilevate sul corpo con quelle della dentatura del suo cane
Ciao Claudia sono andato a leggere il tuo articolo su internet :cane corso dal cuore grande , e lo trovo molto ben fatto in poche parole hai sintetizzato il cane corso il che denota grande passione per questo magnifico cane e si vede che ti sei informata di nuovo complimenti per la tua passione e se hai voglia di parlare di cane corso fatti sentire ciao Valerio