Simile al veltro in tutti i suoi membri, o sia corso od alano
o forse uscito fuor dall’Epiro o dalla Gran Bretagna:
come il veltro sia destro o sia spedito
ma di persona più gagliarda et magna
sia grosso ma non grave od impedito da tanta mole che la lena fragna
abbondi di grand’osso et di gran nerbo et sia facile a l’ira, aspro et superbo
(Erasmo di Valvasson “La caccia” 1591 )*
Le due razze italiane molossoidi, il Mastino napoletano e il Cane Corso, riportano le loro origini a ceppi genetici di molossi presenti da tempi immemorabili nel bacino del Mediterraneo, frutto degli incroci operati con i migliori molossi celti importati dai romani, i “Pugnaces Britanniae”, già influenzati geneticamente dai Mastini greci della Molossia. Guerre, dominazioni, migrazioni, hanno favorito la diffusione del molosso della Mesopotamia nell’Europa preromanica.*
Le dominazioni successive apportarono nuove linee genetiche con il Perro de presa spagnolo, con i progenitori dei Boullebeisser alemanno. Innumerevoli molossoidi li ritroviamo alle corti medioevali con caratteri a volte più da molossi, altre volte più da veltri possenti.
La cinofilia ufficiale identifica nel sud Italia tra il 1800 e il novecento un molosso che definirei Molosso italiano, che Piero Scanziani riconosce come capostipite del Mastino Napoletano; per questo motivo inizialmente voleva battezzare il mastino “Molosso italiano”, riconoscendone la comune origine.
Entrambe le due razze italiane fanno risalire le loro origini a capostipiti comuni, morfologicamente più vicini al Corso di oggi nella costruzione e negli angoli, ma non nei profili della testa che si identifica, invece, con i rapporti cranio-muso e la forma del cranio stessa, al Mastino napoletano.
La verità è nel mezzo, entrambe le razze hanno radici comuni; le immagini del Mastino napoletano degli anni ‘60-‘70 molto hanno nella morfologia dei primi capostipiti della razza Cane Corso.
Nella successiva evoluzione, con la predominanza delle caratteristiche di tipo, le due razze vanno differenziandosi in modo netto e preciso, nella morfologia ma soprattutto nel tipo, che è dato dai profili della testa, dal rapporto cranio-muso, dall’espressione data dalla posizione degli occhi, dalla profondità dello stop, dalle bozze frontali e, infine, dalla forma del cranio.
La spiegazione a questa differenziazione di caratteristiche morfologiche e caratteriali può essere individuata nella potenzialità genetica del Molosso italiano, quasi una cellula multipotente, pronta a differenziarsi ora in un tipo genetico ora nell’altro.
Questa “potenzialità genetica” ha sempre rappresentato la ricchezza delle linee di sangue, molossoide-veltro, del nostro molosso italiano.
All’inizio della mia avventura di allevatore di Mastino napoletano, intorno agli anni sessanta, la razza era da poco alla ribalta della cinofilia e le linee di sangue erano trasmesse per conoscenza personale; poco ci comunicava il LIR, ogni cucciolata era un’avventura e una costante sorpresa.
La disomogeneità dei soggetti nati erano la risposta alle influenze geniche dei predecessori, soprattutto dovute all’antico impiego funzionale del molosso italiano.
Due attitudini fondamentali sono state ricercate da sempre nel molosso antico, un cane da cortile e un cane da armenti.
Il primo, forte e poderoso, con arti corti e robusti, grande mandibola, muso largo per la presa e potente guardiano della casa, come quello descritto da Columella: “la testa è tanto massiccia che si presenta come la parte più potente del corpo, le orecchie sono cadenti e pendono sul davanti; il petto è largo e villoso, gli arti anteriori potenti e i posteriori ricoperti di peli lunghi e duri; le membra corte, le dita e le unghie robuste…”*
Questo potente molosso era allevato nell’entroterra napoletano e definito “capa tonna”, testa tonda, per il muso corto e potente, la testa corta, l’avambraccio breve; era destinato alla guardia del cortile, dove si appostava sotto gli archi delle scale ad attendere l’intruso. Il secondo tipo di molosso, che possiamo identificare nell’immagine del cane raffigurato nel presepe Cuciniello, aveva arti lunghi e forti, era agile quel tanto che serviva a seguire carretti e armenti, aveva la testa allungata tipo “capa vacchegna”, testa da vacca, ed era un cane impiegato come mandriano, ben descritto dal prof. Tecce nel suo libro “Cani” del 1987: “…non è disadatto alla guardia della mandria avendo abilità a restituire alla calma anche il toro, si batte col lupo, con il cane ordinario e finanche con l’assassino…“*
Queste due tipologie presenti nel molosso italiano sono state di volta in volta utilizzate indirizzando la selezione ora verso il tipo da cortile ora verso il tipo da carretto, prima che la cinofilia ufficiale indirizzasse la selezione verso tipologie codificate, con caratteristiche specifiche che potessero dare origine ad una razza.
Il molosso italiano, a secondo della distribuzione geografica, si appropriava di caratteristiche diverse: potente cane da guardia nella plaga napoletana, guardiano di armenti e compagno del carrettiere nel Tavoliere delle Puglie.
Queste potenzialità genetiche sono state una ricchezza e hanno offerto inizialmente la possibilità di selezionare molossi da destinare a differenti attitudini.
Si può ipotizzare che sia stato il ceppo Molosso italiano ad originare le due nostre razze Mastino e Corso, che hanno sviluppato successivamente caratteristiche proprie di tipo, le quali hanno poi profondamente differenziato le due razze nel corso del tempo. A ciò si aggiunge la capacità tecnica dei singoli allevatori di orientare il tipo anche nell’ambito di una varianza genica comune.
Ricordo nel mio passato di allevatore come era difficile restare nel tipo e questo era possibile moderando con attenzione consanguineità su linee genetiche, con una buona omozigosi, verso caratteristiche di tipo ben definite e quanto era difficile scindere i tipi arcaici ipertipo “corte” e con un cranio bombato con assi tendenti alla convergenza, e un tipo “guardiano“ con un cranio quadrato, un muso allungato e gli assi tendenti alla divergenza.
La ventura della selezione è lavoro entusiasmante, creare una razza è opera di ingegno; dare alla stessa dignità di riconoscimento internazionale nonché di diffusione mondiale, come fanno le nostre due meravigliose razze molossoidi italiane, è orgoglio nazionale.
Nostro obbligo è riconoscere, a chi ci ha preceduto nei secoli, il merito di aver trasferito a noi un patrimonio genetico che ci ha consentito di creare modelli cinofili, sintesi del lavoro attento di selezione alla base della cinofilia moderna.
Nicola Imbimbo
fonte: enci.it
non c’è piu niente da commentare solo lo sconforto e la sconsolazione sulla realta dei fatti
quando nel lontano 1996 ho incominciato ad interessarmi al cane corso,sono capitato nel sud sia per motivi di lavoro che di svago e mentre ero la cercavo i mitici cani corsi, e di cani ne ho trovati molti ,e tutti i ceppi avevano una caratteristica cioe quella di fare nascere nella stessa covata cani assomiglianti al cane corso tradizionale moderno cioe dei molossi leggeri e agili adatti alla caccia e alla gurdia delle masserie che cani di tipo pesante come il mastino napoletano primo tipo adatti alla guardia di ville e case , io stesso persi due femmine sorelle dei due tipi, questo per fare capire che il corso e il napoletano sono la stessa razza,e solo la selezione verso un fenotipo esagerato ha portato il mastino napoletano alla attuale situazione mentre il nostro cane corso per differenziarlo dal mastino napoletano i cagnari della SACC si sono inventati la chiusura prognata con le conseguenze attuali e lo scempio che si è fatto sulla razza,ma una cosa è certa e innegabile il cane corso o da presa che lo si voglia chiamare e il mastino napoletano erano lo stesso cane, e se andiamo a vedere certi ceppi antichi troviamo ancora questa diversita di cani nella stessa cucciolata a dimostrazione di cio , ciao Valerio